giovedì 26 gennaio 2012

Pilota automatico

Dopo tanto, tanto, tempo si è finalmente presentata l'occasione per tornare a incidere, come un anno fa.
Dopo una pulizia totale della lastra di è passati all'inceratura, e l'odore della cera calda (che potrebbe essere vista come una puzza) mi ha riportato alla mente tutti quei ricordi che solitamente sono addormentati da qualche parte nel mio cervello.
Bastato un niente per far partire tutta una serie di ricordi a catena.
Dopo l'inceratura, si trasferisce il disegno sulla lastra e si comincia a togliere la cera, poichè non è che si incida proprio adesso, l'incisione la farà poi la morsura in acido.
Un lavoro lento.
Ho preso le cuffie messe su e cercato l'album che ascoltavo sempre quando "incidevo" i Foo Fighters con una serie di canzoni acustiche. Il suono della chitarra comincia, una riconoscibile cover di Blackbird dei Beatles, segna l'inizio delle ombreggiature.
La punta scivola veloce, togliendo piccoli riccioli di cera al suo passaggio. Mi sembra di stare in quella grande aula che odorava di solventi e chissà quale altro agente chimico. Un seggiolino scomodo e un cavalletto sgangherato, queste erano le condizioni, ma andava bene così. Finchè i Foo Fighters cantavano e strimpellavano, si poteva continuare.
Pensando ai ritocchi col bitume, piccoli impercettibili quasi ma loro son lì che ti guardano beffeggiandosi di te perchè non hai steso perfettamente la cera prima. Pensando alla morsura ai tempi diversi di immersione e poi copertura di alcune parti. Non deve essere tutto in primo piano.
Mi è mancato terribilmente fare incisione, era come se mettessi il pilota automatico per 3 ore.
La mente vagava liberamente nei suoi pensieri, senza le preoccupazioni perenni e gli impegni incombenti.
Eravamo io e la lastra.
Poi le 3 ore passavano, tutti ci salutavamo. Io ero sempre l'ultima a lasciare l'aula sarà che finivo sempre di pulire e rimettere a posto tutto quello rimasto in giro, e mi godevo un po' di più quella tranquillità donatami da una grande aula vuota. Sistemavo le mie cose e dimenticavo di togliermi il camicione da lavoro, ancora impregnato di quell'odore di solventi. Ancora con la mente libera, salivo sulla bici e tornavo a casa e ripensavo agli ultimi ritocchi che dovevo fare sulla lastra cui stavo lavorando.

Oggi non è primavera, e non sono stata 3 ore su una lastra, non dovevo tornare a casa in bici.
Oggi c'eravamo solo io e la lastra.


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